Sulle dichiarazioni polemiche di Consiglieri di opposizione sul Decreto Delegato n. 120 in materia di lavoro, ratificato con le modifiche concordate al tavolo tripartito, i sindacati hanno fatto chiarezza; in particolare su contratti a termine, lavoro interinale, distacchi, ammortizzatori sociali. Aver raggiunto diversi importanti risultati migliorativi per i lavoratori, a fronte dell’incremento della durata massima del tempo determinato, è un buon punto di mediazione
La conferenza stampa dei Segretari Generali di CSdL – CDLS – USL di lunedì 6 novembre si è soffermata anche sulla ratifica del Decreto n. 120 in tema di lavoro, e in particolare sulle polemiche sollevate da esponenti dell’opposizione consiliare. Era prevedibile che le stesse opposizioni rimarcassero, con toni e argomentazioni diversi tra le forze politiche, l’unico vero punto “critico” dell’accordo tripartito, ovvero l’allungamento a 24 mesi del contratto a tempo determinato; ma si è arrivati a rappresentare contenuti diversi dalla realtà, rispetto ai quali i tre sindacati hanno fatto chiarezza. Nel dibattito i pochi Consiglieri che conoscono la materia hanno evitato di menzionare i tanti punti migliorativi, mentre molti hanno dimostrato una ignoranza nel merito dei contenuti che avrebbe meritato una saggia astensione dal dibattito. Ma tant’è! Contratti a termine – Non è stata rilevata la modifica radicale della disciplina del diritto di precedenza per i contratti a termine, che dovrebbe contrastare il fenomeno dei comportamenti elusivi del diritto alla stabilizzazione. Ad esempio, veniva assunto un nuovo lavoratore prima della scadenza di un contratto a termine ed il dipendente con maggiore anzianità di servizio non veniva confermato; in questo modo l’impresa perpetuava lo stato di precarietà ben oltre i 18 mesi. Ora i lavoratori, gli Uffici ed i Giudici chiamati a dirimere eventuali vertenze hanno a disposizione una normativa molto più chiara e garantista. Eppure, abbiamo ascoltato affermazioni del tipo: “ha prevalso la precarizzazione del lavoro”, come se prima, per effetto di una durata inferiore, i contratti a termine fossero garantisti per i lavoratori. Lavoro interinale (o somministrato) – Qualche Consigliere è arrivato ad affermare che la nuova normativa ne faciliterà la reintroduzione, a distanza di quasi 20 anni quando, grazie alla lotta dei lavoratori nel 2005, le agenzie allora esistenti dovettero chiedere i battenti. All’epoca lo stop fu dovuto all’obbligo di verifica preventiva nelle liste di collocamento da parte delle imprese utilizzatrici; obbligo che è venuto a mancare, prima con la totale liberalizzazione delle assunzioni effettuata dal Governo precedente, e poi con quella parziale, ovvero legata al tasso di disoccupazione, promossa dall’attuale Esecutivo in accordo con le parti sociali. Che le agenzie interinali avessero ritrovato terreno fertile prima della nuova normativa è dimostrato dalla riapertura di una queste nel 2019, che ha chiuso i battenti circa 2 anni dopo, quando è avvenuta la revisione di dette liberalizzazioni. I filtri necessari per impedire il ritorno a questa forma di lavoro erano però ancora troppo pochi. Quindi, abbiamo ottenuto la riduzione dei tempi per il suo ricorso da parte delle imprese utilizzatrici, ovvero non più di 6 mesi all’anno, contro i 9 precedenti, e l’incremento sostanziale dei requisiti patrimoniali delle agenzie, ovvero 77.000 euro di capitale sociale, contro i 26.000 precedenti, oltre al deposito di una fideiussione bancaria non inferiore a 200.000 euro. Chi sostiene che tali nuove condizioni facilitino l’accesso al lavoro interinale, è in evidente mala fede.
C.s. CSdL – CDLS – USL