USL INTERVISTA LA PRESIDENTE DELL’ASS.NE ‘LA FIBROMIALGIA A SAN MARINO’ MARTINA BIANCHI

Convivere ogni giorno con una malattia invalidante significa dover trascinare un peso e combattere con tutte le proprie forze una guerra quotidiana per non rimanere schiacciati da se stessi. Solo chi lo porta dentro e lo ha sperimentato nella propria carne sa di quale sofferenza si tratta. È da dentro che sale il grido, che sia solo paura o dolore o rabbia. O il grido muto che è quello che uccide.
USL ne ha parlato con la giovanissima presidente dell’ass.ne “La Fibromialgia a San Marino” Martina Bianchi.
Quando ha cominciato a sentire i primi problemi della fibromialgia?
“Quando avevo 11 anni ho cominciato a capire che qualcosa non andava, sono arrivati fortissimi mal di testa e mal di schiena che mi facevano sentire a disagio ovunque mi trovassi, anche a scuola. Così sono arrivate le assenze forzate e ricordo che i medici minimizzavano trattandomi come una che avesse poca voglia di andare a scuola e di fare qualsiasi cosa. Ma poco dopo sono iniziati anche gli accessi al pronto soccorso, sempre più frequenti, sempre più dolorosi, sempre più difficile era il riprendersi da quei momenti tanto che mi costringevano a restare lontana dagli amici e dalla scuola. Le medie sono comunque riuscita a portarle a termine ma sfortunatamente con le superiori le cose sono andate diversamente. Sono partita iscrivendomi presso una scuola fuori territorio dove erano molto premurosi con me, tuttavia dopo quattro mesi è diventato impossibile proseguire, la malattia mi rendeva sempre più difficoltoso anche il solo trasferimento, era diventato difficile anche per i miei genitori abbandonare continuamente il loro lavoro per venirmi a prendere nei momenti di dolore più acuto. Per questa ragione mi sono iscritta al CFP qui a San Marino ma a causa della malattia non ho potuto terminare nemmeno quel percorso.
Inutile dire quanto frustrante sia stato quel periodo e quanto abbia inciso su tutte quelle scelte che dovrebbero essere prese con spensieratezza a quell’età”.
Quando le hanno diagnosticato la fibromialgia?
“La diagnosi l’ho avuta a 17 anni, purtroppo l’iter è lunghissimo: ho vissuto di dolore, di attesa e tante, troppe volte, mi sono dibattuta nella rete della burocrazia.
Ovviamente il percorso della malattia ha anche favorito patologie collaterali, una fra tutte l’ipertiroidismo che mi costringe a prendere un farmaco che va a sommarsi a tanti altri”.
Parliamo di farmaci che hanno controindicazioni?
“Sì certo, leggendo il bugiardino dei farmaci che mi sono stati prescritti mi sono accorta che non sono compatibili con la guida e con altri compiti lavorativi. Allora ho chiesto al medico, il quale mi ha detto di non essere lui a dovermi rispondere su questo punto. Da un lato ci vengono prescritti farmaci però nessuno si prende la responsabilità di definirne le limitazioni. La nostra purtroppo è una malattia invalidante anche per il genere di farmaci che assumiamo e sui quali prima o poi va fatta chiarezza per non rischiare addirittura il ritiro della patente o nella peggiore delle ipotesi incorrere in sanzioni anche penali in caso di incidente sia automobilistico che lavorativo, così come è accaduto di recente ad un Sammarinese che aveva assunto psicofarmaci prescritti dal proprio medico e al quale è stata ritirata la patente. I farmaci per questa patologia restano nel sangue per settimane, a volte per mesi, ciò significa che i drug test potrebbero risultare positivi. A quel punto non essendoci una normativa chiara potrebbe capitare, come è capitato, che il ritiro della patente venga deciso discrezionalmente. È dunque urgente riconoscere determinate terapie e che se ne tenga conto a tutti i livelli, non è purtroppo possibile andare avanti in questo modo”.
Lavorativamente parlando sente di avere meno opportunità degli altri?
“Diciamo che avere meno opportunità è un eufemismo, io ad oggi sono completamente tagliata fuori dal mondo del lavoro. A 16 anni sono entrata nel mondo del lavoro come parrucchiera. Mi sentivo appagata ma purtroppo poco dopo, ossia a 17 anni, mi sono ritrovata a casa, ho delle limitazioni, e senza un riconoscimento che permetta al datore di lavoro di tenermi con agevolazioni, sono penalizzata rispetto alle altre persone e colleghe. A quel punto ho cercato lavoro disperatamente ma non avendo un diploma, e non avendo nessun tipo di agevolazione, mi è stata data l’opportunità di fare soltanto lavori saltuari. Sono convinta che qualora la malattia venisse riconosciuta come invalidante, sarei molto più appetibile al datore di lavoro che a quel punto potrebbe assumermi più facilmente con una mansione idonea al mio stato di salute.
Sono tanti coloro che hanno le sue stesse problematiche?
“Sì, siamo davvero in tanti. Molti vivono le mie stesse problematiche e tutti quanti speriamo in una rapida soluzione di questi problemi”.
La legge del 2024 introduce alcune importanti novità?
“Sì, assolutamente, un passo in avanti nel riconoscimento della patologia è stato fatto, anche se non la riconosce come invalidante e limitante, diciamo che la legge ha messo un titolo ma per ora il contenuto del libro è tutto da fare”.
Quali sono i suoi sogni?
“Sono sogni normali, chiedo di poter lavorare stabilmente per poter formare la famiglia che desidero da sempre. Ho 22 anni e avevo cominciato a convivere con il mio fidanzato, l’anno scorso abbiamo dovuto lasciare la casa non potendoci più permettere un affitto che sappiamo quanto incida qui a San Marino, così sono dovuta tornare dai miei genitori. Io sono disposta a fare qualunque lavoro, sogno di poter essere utile e contribuire attivamente alla mia famiglia, sogno di poter fare una vita dignitosa, sogno una tavola imbandita a Natale con il mio compagno e magari uno o più figli tutti uniti e felici, tutto questo oggi mi sembra un miraggio”.
Evidente la commozione nello sguardo di una ragazza così giovane ma così ferita nell’animo.
Marino 20/08/2025 Unione Sammarinese Lavoratori

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