Riforma IGR: l’impatto su lavoratori e pensionati non torna

Alla luce dei dati e delle tabelle pubblicate dalla Segreteria di Stato per le Finanze lo scorso 15 ottobre, il sindacato ritiene necessario fare chiarezza: i conti non tornano.

Durante l’incontro di sabato scorso con la maggioranza, le organizzazioni sindacali hanno illustrato nel dettaglio le proprie osservazioni di merito e di metodo. I tecnici presenti al tavolo hanno spiegato che l’aumento delle aliquote dal 17% al 18% è riportato in un capitolo specifico e che i 3,7 milioni di maggiori entrate previste dal testo approvato in Commissione – di cui solo 450 mila euro a carico dei non residenti – riguarderebbero tutte le persone fisiche, comprese imprese individuali e lavoratori autonomi.

Secondo i dati forniti dalla stessa maggioranza nelle scorse settimane, l’estensione delle detrazioni SMAC e del “Bonus Protezione Reddito” anche a queste categorie comporterebbe minori entrate per oltre 2 milioni di euro. Ne consegue che lavoratori dipendenti e pensionati residenti si troverebbero a sostenere oltre 5 milioni di euro di nuove imposte.

Le previsioni ufficiali si basano sull’ipotesi che frontalieri (8.600 ad agosto) e pensionati non residenti (oltre 3.000), che oggi nella quasi totalità non utilizzano le deduzioni SMAC, in futuro lo faranno tracciando l’intero importo necessario per ottenere il massimo delle detrazioni fiscali. Si tratta di una simulazione poco credibile: non è chiaro su quali basi si possa prevedere che i non residenti spenderanno a San Marino l’intera somma per conseguire le relative detrazioni.

Inoltre, le stime non tengono conto del diritto al rimborso per quei lavoratori frontalieri che tracciano parte delle spese ma non hanno aderito alle deduzioni in busta paga. Un diritto che pochi esercitano, spesso per scarsa informazione, nonostante l’aumento della franchigia a 10.000 euro renda oggi questa scelta molto più conveniente.

In sostanza, la Segreteria di Stato ha confrontato le attuali entrate con quelle future, includendo importi che in realtà dovrebbero essere restituiti ai lavoratori, se da loro richiesti.

Nel 2024, le spese tracciate tramite SMAC dai lavoratori frontalieri sono state pari a 28,5 milioni di euro, equivalenti a circa 3.500 euro per persona. Anche escludendo i carburanti, si tratta di cifre significative che meritano un’analisi più accurata.

Per questi motivi, le simulazioni vanno rifatte. Un esempio evidente riguarda i pensionati non residenti che, con la riforma, perderebbero la no tax area. Poiché la maggior parte di loro non utilizza la SMAC per motivi oggettivi, finirebbero per pagare in media 800 euro in più all’anno, generando oltre 2,4 milioni di euro di nuove entrate per lo Stato.

Nel 2023, la pensione media percepita da persone non residenti era di 820 euro mensili, ossia 10.660 euro l’anno: ciò significa che la riforma porterebbe a trattenere l’equivalente di una mensilità.

Estendendo la stessa logica ai lavoratori frontalieri, pur considerando che una parte dei loro consumi avviene in territorio, il testo approvato in Commissione graverebbe sui non residenti per diversi milioni di euro. Altro che riforma che colpisce quasi esclusivamente i residenti, come si vorrebbe far credere! Per il sindacato, è fondamentale affermare l’equità fiscale e la parità di trattamento tra tutti i lavoratori e i pensionati, a prescindere dalla residenza.
Per evitare queste distorsioni, è essenziale consentire anche a lavoratori e pensionati non residenti di aderire al nuovo meccanismo SMAC in misura parziale. Ciò permetterebbe di limitare l’aggravio fiscale e di evitare il ricorso alla dichiarazione dei redditi solo per ottenere rimborsi sulle detrazioni spettanti.

Su questa ultima richiesta, il sindacato ha già ricevuto aperture da parte del Governo e della maggioranza.

CSdL – CDLS – USL

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